Valter Vecellio
LIBRO APERTO – Fatti e Misfatti di Testi e Contesti
Un libro aperto non ha segreti; si mostra per ciò che è, con semplicità, senza filtri, enigmi, menzogne o artifici retorici. È ciò che fa in questo volume Valter Vecellio, giornalista di esperienza pluridecennale e di fede radicale. Leggere “Libro Aperto” è come spulciare un blog personale in cui i pensieri e le opinioni si rincorrono in completa libertà, tra riflessioni letterarie e commenti a fatti di cronaca: cinquantuno micro-saggi che fotografano istantanee di un’Italia in equilibrio precario tra luci e ombre, paradossi e storture, ma anche figure di alto profilo e sprazzi di profonda umanità. Istantanee a caso? No. Da radicale militante, Vecellio difende il diritto al diritto e ne segue le tracce tra politica, giustizia, attualità, letteratura, storia recente, attraverso storie di persone e personaggi-simbolo. Indignandosi di fronte all’ignavia, all’indifferenza dei singoli e delle istituzioni, all’omertà e alla corruzione, alla mala giustizia, agli orrori della mafia, all’ipocrisia del buoncostume, alle pochezze della politica, alla negazione della dignità umana nel nome di dogmi astratti.
Significativamente, la prima delle riflessioni è un omaggio alla deputata Lisa Noja e al suo appello in parlamento da disabile con difficoltà respiratorie: “Se tengo io la mascherina potete farlo tutti”. Il diritto è un’intersezione di raggi d’azione e spazi vitali; la libertà dell’uno si ridefinisce nell’incontro/scontro con quella dell’altro. Il famoso “senso civico”: o forse soltanto la sensibilità umana, da riscoprire e rieducare come antidoto all’individualismo più sfrenato. Qualche pagina dopo, la storia del giovane calciatore Giovanni Custodero malato di sarcoma racconta con delicatezza un altro diritto, quello di scegliere come affrontare il proprio fine-vita nel rispetto della propria persona e senza sofferenza. “La mafia si insinua dappertutto” grida il dramma delle morti più ingiuste, quelle che smascherano l’antica menzogna del “codice d’onore”: ragazze, bambini. Sfogliando ancora, emerge il Vecellio disilluso e amareggiato dai meccanismi paradossali dello Stato italiano: “Da oggi mi dimetto da cittadino, mi considero suddito” ripercorre l’assurda vicenda che lo portò a dover pagare per un processo, vinto, contro il gerarca nazista Erich Priebke.
Si susseguono molte altre riflessioni sul tema della (mala) giustizia: i diritti umani dei carcerati (“Come Cecchi Gori tutti gli altri”; “Emergenza carcere. Nessuno ne parla”; “È la prima volta che un Ministro della Giustizia…”; “Cartabia for president”);le lungaggini, i paradossi, l’inefficacia dei processi (“Giustizia, lo scandalo che non fa scandalo”; “Giustizia civile, i più lenti in Europa”; “Orrori quotidiani in nome della giustizia”); l’intreccio di compiacenze e omertà tra un certo tipo di giornalismo e la magistratura (“Berlusconi, Gratteri, la Giustizia”); le opinioni “scomode” di Giovanni Falcone; le accuse infami a Enzo Tortora.
Ma anche pungenti considerazioni politiche (sul Movimento 5 Stelle, sui partiti, sul senso della democrazia) e omaggi a figure chiave della storia italiana: Aldo Moro, Leonardo Sciascia, Marco Pannella, Antonio Ligabue, Ernesto Rossi, Tonino Guerra, Aldo Fabrizi e altri.
La forza di “Libro Aperto” sta nel procedere con naturalezza per storie e immagini, flash di riflessioni tanto rapide quanto incisive che si inseguono senza essere incasellate in una gerarchia precisa, offrendo al lettore lo spunto per indagare oltre.
(Claudia Caranfa)