LA GAZZETTA DI PARMA
Alla Feltrinelli un incontro sulle ultime due opere dell’autore, I volti di Hermes, e La seduzione della leggerezza. Tre sguardi eccentrici su D’Annunzio
LA REPUBBLICA (PARMA), 12/03/2034
Sarebbe un errore provare a chiudere la figura di Paolo Lagazzi dentro i confini circoscritti da una definizione perché, così come la sua scrittura viva, metamorfica e ardente, il mago della critica non sta dentro categorie già decise ma si muove con la libertà giocosa di un bambino, con la leggerezza imprendibile di un illusionista, nel tessuto poroso e ondeggiante attraverso i cui passaggi le cose possono trasformarsi, vibrare, fiorire in altre inaspettate e sorprendenti forme.
Curatore dei Meridiani di Pietro Citati, Attilio Bertolucci e Maria Luisa Spaziani, nei suoi scritti Lagazzi gioca con i testi e, nello stesso tempo, si mette in gioco, consapevole che una ragione affilata come un rasoio, tesa a recidere ogni illusione, non può che essere, leopardianamente, la più acerba delle mitologie, incapace di cogliere una più larga, mobile, sottile e complessa verità custodita nei territori della vaghezza e dell’indefinito, della meraviglia e della poesia che si annida nelle cose più piccole e evanescenti rivelandosi a uno sguardo non offuscato dal velo di qualsiasi ideologia.
Come ha evidenziato Camillo Bacchini nell’introdurre l’incontro ospitato domenica mattina alla libreria Feltrinelli di via Farini, “la prosa critica di Lagazzi tiene insieme leggerezza e profondità in un’alchimia straordinaria”. Ed è questa alchimia che fa brillare le pagine delle ultime due opere dell’autore, I volti di Hermes, edito da Moretti&Vitali, e La seduzione della leggerezza. Tre sguardi eccentrici su D’Annunzio, pubblicato da Edizioni Mondo Nuovo.
“Tutti cerchiamo la leggerezza ma non sappiamo cosa sia”, osserva Lagazzi. Anche D’Annunzio cercava la leggerezza per quanto nel suo virtuosismo, nella sua passione per il volo, “intravediamo spesso uno spirito di gravità”. Ma, avverte lo studioso, “ci sono momenti in cui il poeta riesce ad andare oltre le sue premesse ideologiche e improvvisamente viene trascinato da una grazia che lo porta verso l’altrove”.
Riflettendo poi intorno all’autore delle Lezioni americane, Lagazzi osserva che “la leggerezza deve originarsi da una profondità come un albero che esprime tanta più tensione ascensionale quanto più è radicato nella terra”.
Nella poetica di Calvino, che associa leggerezza e precisione “c’è una sottintesa religione dell’intelligenza ma manca la profondità, manca l’anima: la leggerezza di Calvino è una dimensione di tipo stilistico che attinge molto dal Settecento che però non è solo il secolo dei lumi, è anche un secolo esoterico. In Hermes, dio della leggerezza, dei viandanti e dei ladri, della magia e dell’arte dei legami, supremo custode di tutte le soglie e gli incroci di senso, c’è intelligenza ma anche bêtise. La sua morale va al di là del bene e del male trascendendo tutte le categorie nella grande danza cosmica della metamorfosi”. Il limite ideologico di Calvino sta nel guardare con sospetto alla vaghezza in nome della precisione ma, come sapeva Leopardi, “senza l’espressione del vago è difficile creare vera poesia”. […]