Come regolarsi se nella comunità degli umani l’accusa è diventata già il giudizio finale; e il giudizio è competenza dei media?
Come trovare il bandolo della “verità” nel quotidiano stillicidio delle accuse?
Se tutti parlano, e parlano solo (o quasi) per condannare, come salvare qualcosa che somigli alla Giustizia?
Io non so se è sempre stato così; se già dai tempi dei Faraoni l’uomo inclinava a stare più con l’accusatore che con l’accusato. So solo che adesso, per quello che riesco a capire, è così.
Non voglio evidenziare i casi particolari (ne sfuggirebbero troppi), ma è innegabile che esiste una diffusa disponibilità sociale ad assecondare gli accusatori. Perché? Perché l’uomo di adesso ha più “fede” nell’accusa che nella difesa? Anzi spesso considera la difesa una inutile perdita di tempo. Qualcosa da non considerare, perché se i media hanno deciso chi è il “malfattore”, dev’essere così. E i media sono alla continua ricerca del “malfattore”, perché il popolo ne ha un urgente bisogno.
In un mondo in cui il gioco della domanda e dell’offerta decide il Bene tra gli uomini, deve esserci una fortissima domanda di colpevolezza, perché i media siano così impegnati a soddisfare quei bisogni.
Ma forse sbaglio; forse è stato sempre così, e il capro espiatorio è lì a confermarlo. E’ lì a confermarlo anche la caccia alle streghe. Ed anche la crocifissione di Gesù è una prova. Ed anche la cicuta di Socrate.
L’uomo è un animale infelice, e anziché domandarsi le cause di questa infelicità, cerca il colpevole (“soffro, qualcuno deve essere colpevole” F. Nietzsche). Anziché vivere la sofferenza per essere stato costretto ad esistere senza averlo chiesto; anziché fare i conti con il destino che lo ha costretto ad entrare ed uscire dal tempo , e cercare di ritrovare così la speranza di una possibile solidarietà tra gli uomini, siamo costretti dalla presunzione del “libero arbitrio” a trovare un colpevole. Sempre. E’ questo il nostro bisogno fondamentale. Più importante del pane e del sesso. Quasi più importante dell’aria per respirare.
Dobbiamo cercare un colpevole perché noi siamo infelici, e non è possibile che dietro la nostra infelicità non ci sia un responsabile. Esiste il libero arbitrio? deve esistere allora anche un colpevole. Così ragioniamo quando ragioniamo.
Se un giudice sbaglia il giudizio, deve essere condannato, dicono in molti, e non hanno del tutto torto. Ma non ho mai sentito qualcuno dire che un giornalista dovrebbe essere radiato quando accusa qualcuno senza prove. Perché deve esistere il privilegio di accusare senza alcuna responsabilità nel caso dell’infondatezza dell’accusa? Perché si possono realizzare carriere gloriosissime solo e sempre accusando?
Stare con gli accusati è il tentativo di salvare l’umano. Stare con i miei simili condannati senza essere giudicati è il modo per non assecondare l’attuale deriva. Una deriva mossa da un disperato bisogno degli uomini di trovare un colpevole. Un colpevole che per un quarto d’ora ci lasci respirare in pace. Per poi ricominciare a cercarne un altro.
Stare con gli accusati non sarà la soluzione per tutti i casi, ma mi sembra una via meno violenta di quella praticata oggi dai media.
Noi abbiamo bisogno di una risposta alla nostra sofferenza ontologica. Ma sbagliamo cercandola sempre e solo nella società.
Fin quando l’uomo era un animale duplice, un po’ cielo e un po’ terra, era possibile cercare dentro un universo più ampio. Da quando la società è diventata l’unico nostro mondo, manca l’aria per respirare.
Noi riconosciamo che il bisogno che muove gli uomini alla ricerca di un colpevole è un bisogno vero; è l’eterna ricerca della Giustizia; ma la risposta è falsa.
Tino Di Cicco