In principio è la fede. Perché la fede decide quello che deve ex-sistere, e quello che deve restare nel “nulla”.

E’ un atto totalmente “irrazionale” quello che genera l’ambito entro il quale si dovrà poi insediare la nostra “razionalità”.

All’inizio non c’è né il Logos, né il cosmo; c’è la fede che decide la nostra rappresentazione del mondo.

E’ infatti la fede che fa esistere il mondo, perché il mondo è quello che noi crediamo sia il mondo. E quel “noi” che “crede”, è la “nostra” fede. E’ la nostra fede che crede per noi.

Dopo vengono le religioni, le filosofie, le scienze, la politica, l’economia e la tecnologia; ma all’inizio c’è la fede che rende credibile l’esistenza delle cose e dei pensieri.

Perché senza la fiducia in una certa rappresentazione del mondo, l’uomo non può esistere. Dovrebbe identificarsi con il caos, ma così sarebbe costretto ad impazzire.

E’ necessario credere che il mondo sia così, perché il mondo sia poi veramente così.

Più la fede ci spinge verso l’abisso originario, più sarà ampia la “ragione” con la quale valuteremo il mondo. Ma se noi avremo paura dell’abisso, e ci fermeremo prima, la nostra “ragione” non sarà Logos, ma soltanto opinione.

Ma solo attraversando l’abisso del nulla noi possiamo trovare l’assoluto; e quando la nostra natura riesce ad evitare questo doloroso passaggio, saremo costretti a rifugiarci nella quantità per trovare il nostro equilibrio nel mondo, la nostra “sicurezza”.

Quello che Eraclito trovava nell’uno, oggi lo cerchiamo disperatamente sui social.

L’uomo ha bisogno sempre di una fede; e non basta ignorarne l’esistenza  in noi per considerarla inesistente nella nostra vita.

Chi pensa che la modernità sia scienza, ragione, laicità, sta solo manifestando un’altra fede. Non sta cancellando la fede dalla sua vita. E’ impossibile vivere senza una fede.

Fede è solo credere che le cose stiano così come noi pensiamo che stiano; nient’altro.

E non c’è un vivente che non creda che le cose stiano così come crede.

La fiducia in una certa rappresentazione del mondo i bambini la cercano con i perché; poi diventiamo grandi e viviamo “sicuri” dentro le risposte che gli adulti ci hanno predisposto.

Quando “muore” l’origine che garantisce una determinata rappresentazione del mondo, l’uomo può: o diventare consapevole del nulla dove l’origine affondava le sue radici, e così soffrire la “morte” della propria identità, della propria volontà e della propria presunta libertà. Oppure cercare di entrare in qualche Consiglio di Amministrazione per dimostrare tutto il suo “valore”; e sperare così di dare un fondamento al suo disperato bisogno di fiducia.

La vera fede però non teme il “nulla”. Anzi, lo cerca. Lo cerca senza saperlo. Perché nello stesso momento in cui l’assoluto spinge  a considerare relativo il relativo, l’uomo sperimenta il nulla.

Perché il nulla non è nulla, ma la consapevolezza dell’irrealtà di tutta la nostra “realtà”.

E in tutto questo l’uomo non è il “soggetto”, ma solo “lo spazio-tempo” dove tutto si realizza.

Tino Di Cicco

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