Il viaggio all’inferno di Terrence Malick

Il viaggio all’inferno di Terrence Malick

di Giovanni Liberato


Malamente tradotto in “La Rabbia giovane” (titolo originale: Badlands, 1973), la versione italiana focalizza l’azione violenta dei protagonisti che, seppur importante, non è decisiva per la comprensione dell’opera.

Martin Sheen e Sissy Spacek sono Kit e Holly, giovani che combattono chiunque si frapponga loro lungo le sterminate pianure americane, che sono dunque le malebolge dell’inferno dantesco. La natura è onnipresente come sempre nella filmografia di Malick, ed ha una forza evocativa che fa della casa sull’albero dei fuggitivi un nascondiglio di guerra: lui è un soldato che si addestra, lei è una contadina vietnamita che porta l’acqua sulla spalle.

Novelli Bonnie e Clyde, sono in realtà angeli della morte già nei loro nomi: Kit è (dei) Kittim, cioè dell’esercito delle tenebre destinato ad essere sconfitto dai figli della luce secondo l’apocalittica giuidaica di Qumran; Holly è invece divinità (Holy) adèspota (cioè senza santa onomastica), quindi senza Dio.

L’atmosfera metafisica è segnata dalle robotiche reazioni dei due alle cruente uccisioni: lui spara al padre di lei e mette fuoco alla casa; l’incendio fa risaltare le immagini del Cristo e del Satana che preannunciano la lotta.

Malick non indugia mai sulle necessità quotidiane durante la fuga: la loro estraneità all’umanità è totale, e il film corre veloce verso il baratro; i “cattivi”, che sono i “buoni”, subiscono ingenti perdite, ma alla fine non possono non vincere, catturandoli. Il finale è triste, perché terribilmente “normalizzato”: lui verso la morte, lei verso la (nuova) vita; i due destini si separano in direzioni opposte che hanno nella vena granitica della voluta mancanza di senso la comune radice.

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