(20/11/2020)
Molti connazionali, durante la seconda ondata del Coronavirus, sono scesi in piazza per manifestare il loro dissenso. In diverse occasioni, mi colpì la parola d’ordine che sentii urlare dalla folla e che vidi scritta sugli striscioni: libertà.
Nel pieno di una pandemia mondiale, essa risuonava estranea ai miei occhi, perché non teneva in conto il mito astratto dell’economia nazionale, ma invero esponeva la carne viva del singolo. Quella richiesta, gettata in aria come una volta i sampietrini, da quale selciato veniva asportata?
Ai giorni nostri, la libertà non è più solo un ideale astratto, ma è stata rovesciata in obiettivi di governo. In quanto mero punto programmatico di un piano politico, è concretamente irraggiungibile e irrealizzabile; la mutata natura ancillare è ben funzionale al sistema finanziario, quindi subordinata. Rivendicarne l’impossibile soluzione pratica è come abbaiare alla Luna.
Dalla rivoluzione francese in poi, l’uomo moderno e contemporaneo ha creduto e crede che la politica sia il campo di risoluzione dei problemi; crede che tutto sia politica.
Nel profondo, ho immaginato e digitato in semplice html un superamento di questa libertà meccanica, sempre conclamata davanti al fuoco sacro delle elezioni. Ho invocato il suo spirito più autentico prima di bruciare il foglio elettronico del rito effimero.