In una società che diventa sempre più anziana, è inevitabile confrontarsi con l’Alzheimer. C’è chi addirittura la definisce la malattia del futuro, ipotizzando una vera e propria emergenza sociale nei prossimi decenni. Ma quanto, davvero, conosciamo (o vogliamo conoscere) di questa malattia? Quanto la conoscono i medici e gli scienziati? A che punto è la ricerca? Ci sono nuovi farmaci e terapie efficaci all’orizzonte? C’è qualcosa che possiamo fare per prevenirla? E chi è maggiormente a rischio? Qual è l’impatto della malattia sulla vita del paziente e dei suoi familiari?
A tutte queste domande risponde Maria Teresa Ferretti – neuroscienziata, ricercatrice esperta di Alzheimer e medicina di genere, co-fondatrice e direttrice scientifica dell’organizzazione non profit Women’s Brain Project – in Alzheimer Revolution – Dalla genetica ai nuovi farmaci, dieci scoperte che stanno rivoluzionando la ricerca (Edizioni Mondo Nuovo, 2022; prefazione di Paola Barbarino, a.d. Alzheimer’s Disease International).
Accessibile, discorsivo, di agile lettura, ricco di aneddoti ma anche straordinariamente analitico ed esaustivo, Alzheimer Revolution fa il punto sullo stato dell’arte della ricerca sull’Alzheimer, ma non solo: osserva e disseziona la malattia in tutti i suoi aspetti e da molteplici punti di vista. Leggendo il libro, scopriamo ad esempio che le donne si ammalano più degli uomini – e Maria Teresa ce ne spiega i motivi – ma paradossalmente vengono diagnosticate più tardi o con maggiore difficoltà, perché i test e i protocolli diagnostici sono stati finora modellati sul cervello maschile (da qui, l’importanza di una medicina di precisione, che tenga conto delle differenze di sesso e di genere e delle specificità dei pazienti); che Alzheimer e demenza non sono la stessa cosa (il primo è la malattia, la seconda è una sindrome, ovvero un insieme di sintomi), e nessuno dei due fa parte del “naturale” processo di invecchiamento cerebrale; che l’Alzheimer, contrariamente a ciò che si pensa, non è una malattia della terza età ma della mezza età (studi sui biomarcatori hanno infatti rivelato che la malattia inizia a svilupparsi nel cervello anche decenni prima dell’insorgere dei sintomi… e non è una brutta notizia, anzi!); che i casi genetici ereditari sono rarissimi, e ben diversi dalla semplice predisposizione familiare; che gli occasionali “svarioni” come dimenticarsi le chiavi non sono di per sé sintomo di Alzheimer (ma ci sono tanti altri campanelli d’allarme, non solo legati alla memoria, cui dovremmo far caso); che ci sono 12 fattori di rischio accertati su cui è possibile intervenire (e non solo a partire dalla mezza età); che le intelligenze artificiali potrebbero venirci in aiuto; e tanto altro.
Infine, il libro mette in primo piano l’impatto sociale, socioeconomico, psicologico e relazionale dell’Alzheimer – che investe non solo il paziente, ma anche i suoi familiari e caregiver. Gestire la malattia è un lavoro a tempo pieno: stressante, spesso sottovalutato e svolto senza adeguato sostegno sociale, in larghissima parte da donne. E qui torniamo al problema femminile – e alla necessità di una rivoluzione per cambiare radicalmente il nostro approccio alla malattia, (anche) attraverso il nostro stile di vita.
Recensione di Claudia Caranfa per Alzheimer Revolution, La Gazzetta di Chieti