In principio furono le reazioni allergiche, primo effetto avverso raro finito sotto i riflettori con l’avvio delle vaccinazioni anti-Covid. Uno dei primi studi al riguardo, pubblicato a febbraio su ‘Jama Insights’ sui vaccini a mRna Pfizer/BioNTech e Moderna, censiva le segnalazioni di questi eventi negli Stati Uniti dal 14 dicembre al 18 gennaio. E spiccava un dato: su 47 anafilassi segnalate post Pfizer (tasso di segnalazione di 4,7 casi per milione di dosi somministrate) 44 – cioè il 94% – si erano verificate su donne; 19 eventi di questo tipo segnalati post Moderna (tasso di segnalazione di 2,5 casi per milione di dosi somministrate), 100% donne.
Poi sotto i riflettori sono finite le trombosi rare associate a bassi livelli di piastrine, segnalate dopo vaccinazione con AstraZeneca. L’Agenzia europea del farmaco Ema, nel riportare il 7 aprile in una nota l’esito delle valutazioni del comitato per la farmacovigilanza Prac, parlava di “maggior parte dei casi segnalati in donne di età inferiore a 60 anni entro 2 settimane dalla vaccinazione”, pur ammettendo di non poter identificare con certezza al momento un fattore di rischio nell’età e nel sesso. A seguire, dagli Usa sono arrivati i dati sulle trombosi rare segnalate post vaccino J&J: 6 casi (su quasi 7 mln di vaccinazioni) tutti su donne fra 18 e 48 anni.
E’ la visione espressa all’Adnkronos Salute da due scienziate italiane di base a Zurigo, in Svizzera, che si battono da tempo proprio per aumentare la consapevolezza sul ‘fattore rosa’: Antonella Santuccione Chadha, medico, patologo clinico, esperta di neuroscienze e delle malattie del cervello, e Maria Teresa Ferretti, laurea in Chimica e Tecnologie farmaceutiche, esperta di Alzheimer e medicina di genere.
Entrambe sono co-fondatrici dell’organizzazione non-profit ‘Women’s Brain Project‘ (Wbp) e hanno scritto un libro, ‘Una bambina senza testa’, dedicato proprio al tema della differenza di genere all’interno del mondo delle malattie mentali e neurologiche. Il libro verrà presentato anche in Italia, in un’occasione importante, un incontro online organizzato dall’Ebri per celebrare il giorno della nascita del Nobel Rita Levi Montalcini (22 aprile), scomparsa nel 2012. L’evento, ‘Scrivere del cervello con il cuore’, è previsto per il 23 aprile alle 18.30 e dedicato al libro delle due autrici. “Un’emozione”, commenta Santuccione Chadha.
Con Sars-CoV-2 si è visto che “le donne, pur rappresentando la maggioranza del personale sanitario che fronteggia in prima linea Covid-19, si ammalano meno severamente rispetto agli uomini, e muoiono anche meno”. Poi pure i vaccini hanno messo in luce l’importanza di guardare alle differenze. “Il mondo si è svegliato e noi non siamo più Don Chisciotte”, osserva Santuccione Chadha. “Sappiamo che il sistema immunitario femminile si attiva di più in risposta a qualunque vaccino, e questo lo vediamo anche sugli effetti collaterali e gli eventi avversi, ed è molto importante studiare e approfondire tutto questo. Noi abbiamo messo su un gruppo di lavoro, una piccola task force di scienziati, che si sta occupando di questo per i vaccini anti-Covid”.
“Abbiamo fatto un lavoro – interviene Ferretti – andando a vedere gli studi che sono stati pubblicati in letteratura scientifica sui 4 vaccini approvati e anche i lavori su cui si sono basati i regolatori, in particolare la statunitense Fda, l’europea Ema, la canadese Health Canada, per approvare questi farmaci. Abbiamo trovato che, in realtà, nei dati esaminati dalle agenzie non c’è da nessuna parte nei loro report un’analisi della sicurezza del farmaco divisa per uomini e donne. Non vuol dire che al 100% questa analisi non è stata fatta, ma sicuramente non è stata pubblicata, è un’informazione che non si trova nei documenti e stiamo scrivendo un articolo per sollevare il problema”.
“Forse – fa notare Ferretti – se questo tipo di dato fosse sempre messo in evidenza, se fosse un punto all’ordine del giorno, se venisse proprio strutturalmente integrato nel processo di approvazione di un farmaco, alcuni di questi casi che adesso ci sembrano rari sarebbe stato più facile individuarli, soprattutto in queste donne giovani. I vaccini hanno anche messo in evidenza un altro problema comune all’approvazione dei farmaci ed è: cosa si fa con le donne incinte e che allattano, oggi escluse da tutti i trial? Quando si disegna lo studio, si potrebbe pensare di fare un sotto-studio in parallelo oppure un registro post approvazione su questa popolazione, per far sì che quando un vaccino viene approvato sia pronto per tutti”.
Un capitolo “molto critico quello delle donne in gravidanza, soprattutto sul fronte dei farmaci in uso per le malattie psichiatriche. Abbiamo donne che quando scoprono di essere incinte smettono di prendere i farmaci, altre che sviluppano problemi col pancione e spesso non abbiamo farmaci per trattarle. C’è un vuoto di conoscenza per queste popolazioni”, osserva Ferretti. Su questo tema dell’attenzione alle differenze di genere “noi stiamo intavolando un colloquio con gli enti regolatori. C’è stata una prima tavola rotonda e andremo avanti su questa strada. Forse vanno rinforzate le raccomandazioni o oppure va reso obbligatorio che per l’approvazione di un farmaco questi dati vadano controllati attentamente e con un occhio critico”.
“Questo tipo di analisi – le fa eco Santuccione Chadha – dovrebbero essere fatte in maniera sistematica e considerate nel momento in cui un farmaco viene approvato”. “Non è detto – dice Ferretti – che in casi come quelli che stiamo vedendo coi vaccini si debba bloccare tutto. Basterebbe stare più attenti. E fare questo tipo di studi permette di prepararsi”.
Fonte: www.adnkronos.com