“Majella: la Montagna Sacra”, articolo di Giovanni Liberato su Ovidionews.it

Su www.ovidionews.it, un articolo di Giovanni Liberato sulla Majella, la Montagna Sacra:

Papa Celestino V riconobbe nella Majella il santuario naturale ove praticare la sua ascesi. Cara agli abruzzesi, questa montagna è la grande madre e signora, sacra nel nome. Etimologicamente, essa è “nutrice” in greco (Μαῖα), “grande” in sanscrito (Mahā). La dea Maia dà il nome anche al mese di maggio (maius), che è dedicato alla vergine Maria Theotókos (“Madre del Dio”, quindi nutrice anch’essa).
Nell’anno 977, arrivò in Abruzzo una comunità di monaci provenienti da San Martino di Giove in Canale di Pietrafitta (Cs) e Santa Maria di Pèsaca in Taverna (Cz). Guidati dall’archimandrita Sant’Ilarione, si accordarono con il conte di Teate Trasmondo I della famiglia degli Attonidi, duca di Spoleto nel 982, il quale concedeva loro il Castellum de Prata vicino Casoli: avevano scelto la nostra montagna per esercitarvi l’eremitaggio. I sette principali sono ancor oggi ricordati: San Falco di Palena, San Nicola Greco di Guardiagrele, San Rinaldo di Fallascoso, San Franco di Francavilla al Mare, Sant’Orante di Ortucchio, San Giovanni eremita di Rosello e San Giovanni Stabile di Fara San Martino.

Nel secolo quarto, fu Giustino che scelse le falde del monte per ritirarsi in meditazione, nonostante la sua discendenza dal potente e ricco casato dei Vezii (poi divenuto Iezzi in pronuncia). La sua santità gli valse la chiamata all’episcopato di Chieti da parte dei suoi concittadini d’allora.
Maia è la Matelda che Dante incontra alle porte del Paradiso terrestre. In un luogo ameno, mentre l’Alagherio osserva i rametti di calendimaggio così cari alla tradizione popolare (“la gran variazion d’i freschi mai”), la “bella donna” ricorda al fiorentino ”…Proserpina nel tempo che perdette la madre lei, ed ella primavera”; secondo il mito greco, Kore (Proserpina) fu rapita da Ades (Plutone), e per questo Demetra (Cerere) lanciò la maledizione attraverso la quale era spiegato il ciclo delle stagioni: «Finché mia figlia non tornerà a me, la terra non darà frutti». Sarà Zeus che contratterà con il re degli inferi i tre mesi annuali durante i quali v’è l’inverno che non produce. Maia/Matelda/Proserpina è dunque il seme dell’abbondanza, cioè figlia della dea delle messi: la Cerere romana, la Kerres italica.

La sacralità della Majella era nota all’isernino Pietro Angelerio. Se Santo Spirito in Sulmona è il “Vaticano” della costruzione celestiniana, Santo Spirito di Roccamorice è la grotta della gran fatto all’alba del 29 agosto 1248, quando in visione apparvero re David, Maria con il bimbo e i due Giovanni. Quarantasei anni dopo, in quel giorno, riceverà le insegne pontificali in solenne cerimonia all’Aquila. La via celeste di Pietro è in connessione con la storia, l’arte e la natura degli Abruzzi, ed è il continuo di una tradizione che alla fine del secolo tredicesimo si spezza per poi riprendere. Saranno i Gherardini, devoti alla Chiesa di Roma, che diverranno britannici, irlandesi e infine americani per dare corpo e mito ai Fitzgerald (“Figli di Gherardo”) che si uniranno coi Kennedy per far eleggere il primo e unico presidente cattolico degli Stati Uniti d’America. Verranno gli assassinî dei due fratelli a negare la possibilità di un cambiamento. La storia è un fiume dalle acque sempre nuove, e la corrente è sempre viva: questo e molto altro è la Via Celeste.

Giovanni Liberato è autore dei libri “Chieti nella Storia” e “La Via Celeste e il Libro Rosso del Destino”, entrambi per Edizioni Il Mondo Nuovo (Pescara)quest’ultimo di recentissima pubblicazione.


Fonte:  https://ovidionews.it/majella-la-montagna-sacra/


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