Riccardo Perini firma una bella recensione per “Le strade dell’Apartheid” di Luca Greco sul suo sito riccardoperini.it:
“Il libro usa parole e immagini come atto di resistenza, come strumento per strappare all’oblio della storia le storie di questi popoli vinti ma non sconfitti. Le storie di uomini e donne che ancora oggi continuano a resistere e a lottare. Il filo conduttore lega e accomuna queste storie è infatti la segregazione fisica e mentale nella quale sono costretti a vivere la loro quotidianità.”
Le strade dell’Apartheid è un libro fotografico di Luca Greco, pubblicato nel 2020 ed edito da Edizioni Mondo Nuovo di Pescara. Luca Greco, classe 1979, di Termoli (Campobasso) è dottore di ricerca in filosofia teoretica. Molto attivo nell’ambito sociale, con questo reportage fotografico ha voluto provare a raccontare la storia dalla parte degli oppressi. L’autore ci rivela con i suoi scatti luoghi e volti di tre popoli (saharawi, palestinesi e nord irlandesi), cercandone un fil rouge, un filo condutture comune che leghi queste tre popolazioni lontane ma al tempo stesso vicine. Documenta e racconta la continua e progressiva privazione della liberà che ha colpito i popoli della Palestina, del deserto del Sahara e dell’Irlanda del Nord, solo apparentemente lontani, ma tutti accomunati da un passato di violenze e da un quotidiano di attesa. Uomini e donne senza nome che in Palestina, in Irlanda del Nord e nel deserto dell’Hammada ancora oggi resistono. Si tratta di un progetto di “fotografia sociale”, un tipo di fotografia di reportage che vuole raccontare alcuni aspetti della società e portarli all’attenzione del mondo, che vuole informare, denunciare e indignare parlando con passione e speranza. Le foto di Luca Greco documentano e al tempo stesso diventano custodi della memoria, per non dimenticare che non tutti vivono come noi, che non tutti godono degli stessi diritti e della libertà come noi. Nelle sue foto troviamo la quotidianità che accomuna le persone di queste terre.
In Irlanda del Nord, gli abitanti di Derry, città dell’Ulster a maggioranza cattolica, non dimenticano la Bloody Sunday, domenica 30 gennaio 1972, quando i militari dell’esercito di Sua Maestà fanno una carneficina ad un corteo dove marciavano pacificamente cattolici e protestanti, chiedendo semplicemente parità di diritti per tutti i cittadini dell’Ulster. Anche i murales sui muri raccontano la storia di Belfast e Derry, che nonostante gli accordi di pace del 1998, sono ancora divise. Città con muri protestanti e muri cattolici, con pub in cui sventola la Union Jack e pub ricoperti da vessilli irlandesi. Anche i cimiteri sono diversi e divisi, come se la morte fosse differente.
Il conflitto israelo-palestinese, la guerra che iniziò nel 1948 con la fine del mandato britannico in Palestina, quando il popolo palestinese fu cacciato dalla sua terra per far posto a un altro popolo, che aveva individuato nella Palestina la sua terra promessa. In Israele c’è uno stato che opprime un popolo, quello palestinese. Un’oppressione non solo militare. Il “muro di separazione”, che i palestinesi chiamano “muro dell’apartheid” divide le abitazioni dai terreni, i mariti dalle mogli, gli uomini dalle donne, le madri dai figli. Ma i palestinesi, cocciutamente, resistono.
Il processo di decolonizzazione del Sahara Occidentale, porta l’ONU a ratificare l’atto di autodeterminazione del popolo sahrawi nel 1966. Nel 1975, il re del Marocco Hassan II espresse la sua totale opposizione all’indipendenza del paese e con la “gloriosa marcia verde” portò 350.000 marocchini ad invadere il Sahara Occidentale. Ma il popolo sahariano resiste. Resiste e si organizza.
Oltre alle foto sono presenti nel libro anche vari testi, per comprendere meglio la storia e la situazione nei luoghi oggetto della documentazione fotografica. Il libro usa parole e immagini come atto di resistenza, come strumento per strappare all’oblio della storia le storie di questi popoli vinti ma non sconfitti. Le storie di uomini e donne che ancora oggi continuano a resistere e a lottare. Il filo conduttore lega e accomuna queste storie è infatti la segregazione fisica e mentale nella quale sono costretti a vivere la loro quotidianità. In apertura è presente una dedica di Tano D’Amico, grande fotoreporter siciliano, e anche una bella prefazione di Giulio Di Meo, fotografo di reportage. Tutte le fotografie sono in bianco e nero. Sono presenti le didascalie, ma non è mai indicata la data in cui sono state scattate le varie fotografie. Io di solito apprezzo avere il riferimento temporale associato alla foto, utile per contestualizzare lo scatto, ma probabilmente la scelta dell’autore è stata quella di dare più importanza alla situazione rappresentata, senza circoscriverla ad uno specifico giorno/mese/anno.
(Fonte: Riccardo Perini – https://www.riccardoperini.it/luca-greco-strade-apartheid/)